La rete elettrica italiana: il suo presente e il suo futuro
Secondo i dati di Terna, nel 2017 la domanda di energia elettrica in Italia è stata di 320,5 TWh, il 2,0% superiore rispetto all’anno precedente.
Questa domanda è stata soddisfatta per circa 300 TWh dal nostro Paese, con le fonti rinnovabili che hanno ricoperto un ruolo molto rilevante, contribuendo per il 37% alla produzione lorda nazionale.
La crescita delle fonti rinnovabili (in particolare del solare, che è aumentato del 10%) è certamente un segnale molto positivo per i cittadini e l’ambiente, ma il rovescio della medaglia è che l’infrastruttura della rete elettrica italiana ha difficoltà a gestire questa maggior rilevanza del comparto green, in particolare di fotovoltaico ed eolico.
Queste due fonti rinnovabili sono infatti caratterizzate da un’intrinseca imprevedibilità: poiché il loro funzionamento e il loro output energetico dipendono dalle condizioni meteorologiche, la capacità produttiva è variabile, a differenza per esempio di una centrale termoelettrica tradizionale.
Nonostante sia possibile prevedere le condizioni meteorologiche, eolico e fotovoltaico possono causare situazioni di instabilità della rete nel momento in cui vi immettono una quantità eccessiva di energia: l’infrastruttura è incapace di gestire questa situazione di sovratensione e reagisce escludendo una parte dei suoi nodi per prevenire danni, causando quel fenomeno che ci è noto come blackout.
La stabilizzazione è la grande sfida che la rete elettrica italiana deve affrontare in questi anni.
Con una crescente presa di coscienza sui temi dell’ambiente tra i cittadini e gli obiettivi di ecosostenibilità condivisi dai Paesi dell’Unione Europea, ci stiamo muovendo nella direzione di una progressiva decarbonizzazione: il comparto della mobilità elettrica è in crescita, mentre si osserva una maggiore diffusione dei sistemi di riscaldamento elettrici in alternativa a quelli a gas.
Di fronte alla crescita delle energie rinnovabili e della domanda di elettricità, la rete italiana ha bisogno di adottare nuove soluzioni: certamente, una possibilità è quella del potenziamento dell’infrastruttura, ma si tratta di un’opzione costosa.
C’è però un’altra strada, quella di ripensare il modello tradizionale di rete in un’ottica più decentralizzata.
Gli impianti fotovoltaici con accumulo residenziali trasformano le abitazioni in piccole centrali elettriche, in grado non solo di autoprodurre l’energia necessaria al proprio fabbisogno, ma aiutare a stabilizzare l’infrastruttura elettrica tradizionale. Spieghiamoci meglio.
I sistemi di accumulo sono in grado di immagazzinare l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico e non immediatamente consumata, per poterla utilizzare in seguito: in questo modo, un’abitazione può coprire in autonomia fino all’80% del proprio fabbisogno elettrico e quindi diminuire la domanda che grava sulla rete tradizionale.
Inoltre, i sistemi di accumulo possono contribuire alla stabilizzazione della rete: la sovratensione viene gestita inviando dei ‘pacchetti’ di energia alle batterie fotovoltaiche residenziali, che li immagazzinano finché non potranno essere reimmessi nella rete in sicurezza; è un sistema di comprovata efficacia, come dimostra la Germania che è riuscita a risparmiare 90 milioni di euro di investimento sul potenziamento dell’infrastruttura elettrica.
Gli impianti fotovoltaici con accumulo possono anche fornire supporto sul fronte della mobilità elettrica, permettendo di alimentare il proprio veicolo e facilitare la diffusione di questi mezzi limitando l’impegno della rete tradizionale.