Nuova proposta dell’UE: nucleare e gas naturale tra le fonti green

Non solo rinnovabili nella nuova tassonomia dell’UE: nucleare e gas tra le nuovi fonti green al vaglio della Commissione.

La proposta europea, al momento al vaglio di un team di esperti, prevede una revisione della classificazione degli investimenti green con l’inclusione di nucleare e gas naturale, nel rispetto però di specifiche condizioni:

  • nucleare: le nuove centrali dovranno essere realizzate con fondi e piani di sviluppo ben definiti, prevedere dichiarazioni trasparenti circa le modalità di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e disporre di tutte le autorizzazioni richieste entro il 2045. Inoltre, per quelle esistenti, in un’ottica di estensione del loro ciclo di vita, dovranno apportare miglioramenti in termini di sicurezza e rispettare la soglia massima di emissione di 100g di CO2e per kWh.
  • gas naturale: le nuove centrali dovranno gradualmente sostituire quelle più inquinanti, non superare la soglia massima di emissione di 270g di CO2e per kWh, disporre di tutte le autorizzazioni previste entro il 2030, non eccedere per più del 15% la capacità produttiva degli impianti sostituiti ed essere compatibili con i gas a basse emissioni. Entro il 2035, è richiesta, inoltre, la predisposizione di piani di switch completo a gas rinnovabili o low carbon.

La nuova proposta andrebbe, quindi, a legittimare investimenti in fonti stabili, come il nucleare, e fonti di transizione, come il gas, integrandoli nei programmi di transizione energetica accanto alle rinnovabili.

Questa revisione della tassonomia, oggetto di acceso dibattito già da qualche tempo, viene avanzata in un periodo particolarmente movimentato per le politiche energetiche, tra difficoltà di approvvigionamento, aumento dei prezzi e la necessità di soddisfare ambiziosi obiettivi di transizione energetica. In tale contesto, è, pertanto, difficile fare previsioni sulla decisione del Consiglio e del Parlamento europeo, seppur molti gruppi politici e organizzazioni green abbiano già manifestato il proprio dissenso.

Nucleare: un dibattito ancora aperto

A complicare la situazione, l’ormai storica divisione dei membri dell’Unione europea sul tema nucleare. Se da un lato, infatti, Paesi membri come la Francia, promuovono la creazione di nuove centrali nucleari, altri Paesi, come la Germania, non solo sostengono la denuclearizzazione, ma promuovono un modello energetico 100% green e si oppongono alla revisione della tassonomia.

In Italia, il nucleare sta ritornando nel dibattito politico sulla spinta di forti rincari del comparto energetico dovuti alla forte dipendenza da gas d’importazione estera: oggi circa il 50% dell’energia in Italia viene prodotta da gas ed il 90% è d’importazione.

In tal contesto, è importante considerare anche il ruolo dell’opinione pubblica, oggi fortemente contraria al nucleare.  Nel più recente sondaggio SWG 2021, il fronte del NO rappresenta ben il 67% degli italiani con una percentuale simile a quella registrata nel 2011, anno del disastro nucleare di Fukushima. Inoltre, il 76% degli italiani ritiene che le energie rinnovabili siano un’importante fonte da sostenere per la transizione energetica.

A tal riguardo, è da considerare, inoltre, la sempre più preponderate dicotomia tra “rinnovabile” e “nucleare” come due visioni diametralmente opposte sullo sviluppo dell’energia nei prossimi anni.

Ma quale tecnologia è più vantaggiosa in termini di investimenti?

Per rispondere a questa domanda, in una recente analisi pubblicata sul “PV Magazine USA”, John Fitzgerald Weaver, ha analizzato il progetto di un nuovo impianto nucleare in Georgia del valore di 30 miliardi di dollari, con una capacità di produzione annua pari a 17,5 TWh. Weaver osserva come, a parità di capacità produttiva, l’investimento iniziale per un nuovo impianto fotovoltaico possa essere non solo sensibilmente inferiore (16,8 miliardi di dollari), ma consentire la riduzione di costi di gestione e tempistiche d’avvio.

Con riferimento all’Italia, a fronte della chiusura di tutte le centrali nucleari presenti sul territorio nazionale, sembra difficile immaginare una riconversione degli investimenti verso il nucleare, sia in termini logistici che non consentirebbero la costruzione rapida di nuovi centrali (possono richiedere fino a 10 anni) che strategici poiché non favorirebbe il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030.

A prescindere dalla direzione che prenderà il dibattito, già oggi è possibile agire per sostenere concretamente la transizione energetica grazie all’installazione di impianti fotovoltaici con sistemi di accumulo per la produzione e l’autoconsumo di energia green.

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